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27 ottobre 2014

Anthony De Mello: Messaggio per un'aquila che si crede un pollo


Era un fresco e umido pomeriggio di fine maggio.
Io e una mia amica stavamo tornando dal matrimonio di una mia compagna delle scuole medie.

Lei la mattina era venuta a cambiarsi a casa mia, per cui tornammo da me, ci infilammo in abiti e scarpe più comode e l'accompagnai a casa.

Lungo il tragitto passammo davanti a una libreria e, tanto per cambiare, io ne sentì il richiamo, così entrammo.
C'era lui che mi fissava, nascosto in uno scaffale: "Messaggio per un'aquila che si crede un pollo" di Anthony De Mello.

Sorrisi subito davanti a quel titolo che sembrava parlare di me. Così lo acquistai.

Stavo attraversando un momento molto buio della mia vita, mi sentivo lontana dalla mia natura. Come se mi fossi "persa".
Sul serio io mi vedevo come qualcuno che, non sapendo più chi è, si crede chi non è. Ecco perché quel titolo ebbe tanto piglio su di me.

Il libro, però, restò sulla mia mensola a fissarmi per un bel po' di tempo. Volle venire a casa con me, ma pretese di essere letto al momento giusto. E non era quello.

A distanza di più di un anno, quel momento è arrivato e quindi eccomi qui a parlarne.

Anthony De Mello era un gesuita e psicoterapeuta indiano, conosciuto in tutto il mondo come il maestro del pensiero positivo. La sua profonda fede cristiana fu molto influenzata dal contatto con le tradizioni indù e buddiste. In India ha fondato un centro di preghiera che prende il nome di "Sadhana". Morì nel 1987.

"Messaggio per un'aquila che si crede un pollo" è un saggio molto scorrevole da leggere, dal linguaggio immediato, semplice e diretto. De Mello non faceva uso di giri di parole, sapeva essere davvero spiazzante. A volte sembra quasi prendere a schiaffi.

Parla del risveglio di ciascuno di noi, che in questa vita non facciamo altro che dormire attribuendoci etichette l'uno con l'altro, preoccupandoci del giudizio altrui e di tutto ciò che non abbiamo, innescando così, in modo del tutto inconscio, dei meccanismi mentali del tipo: "Senza la tale cosa/persona io mi rifiuto di essere felice. La mia felicità dipende da quella cosa/persona". Rendendoci così né felici e né liberi.

Trovo che sia un libro davvero molto bello e lo consiglio a tutti, ma vi vorrei anche esortare  ad attuare un profondo ragionamento durante la lettura, altrimenti sembreranno solo le parole di un matto un tantino nervoso.
Potete anche essere in disaccordo con ciò che dice, non dovete dire "si" passivamente a tutto, ma dovete scendere sempre a fondo, andare "oltre" le sue parole per comprenderlo al meglio.
Di sicuro non è un libro scritto per il diletto del lettore, ma è un testo scritto per spingerlo ad un ragionamento.

Personalmente, mi trovo molto d'accordo con il suo pensiero. A causa dei suoi modi a tratti burberi, qualche volta m'indispettivo e non riuscivo ad "andare oltre", ma non appena mettevo da parte l'indisposizione e scendevo in profondità non potevo fare altro che dargli ragione.

Quanto tempo sprechiamo a preoccuparci? Come se tutta quella tensione potesse far andare le cose nel modo in cui vorremmo. Ci serve solo per soffrire e per renderci distratti nei confronti del presente. Privandoci della gioia delle piccole cose che sono in grado di fare la differenza.

A quanta felicità rinunciamo quando ci intestardiamo a pensare a ciò che non abbiamo, invece di apprezzare ciò che abbiamo? Senza capire che la felicità è uno stato mentale e non dipende dalle cose esterne.

Di quanto Amore ci priviamo (e priviamo agli altri) quando lo scambiamo per egoismo? Perché, credetemi, il più delle volte non si ama davvero...si ama a "condizione che" e non ce ne rendiamo conto.

Quanto schiavi siamo del giudizio altrui? Come se fosse realmente importante ciò che pensano gli altri di noi. Come se ci desse un valore aggiunto. In realtà, l'unico giudizio che realmente conta è il nostro.
Vi faccio un esempio: se io fossi una persona profondamente insicura e mi sentissi fare continuamente dei complimenti, facendomi condizionare da essi, questi non farebbero crescere la mia autostima, me ne darebbero l'illusione, ma mi renderebbero schiava del giudizio positivo degli altri, generando in me una sorta di ansia da prestazione. Basterebbe un solo giudizio negativo per farmi sentire nuovamente insicura.
Così come se, al contrario, io fossi la persona più di valore al mondo, ma tutti mi dicessero che non valgo nulla. Ci sarebbero due reazioni possibili: quella di chi dà peso alle parole degli altri e quella di chi non si fa toccare dai giudizi esterni. Il primo, passerà la vita a credersi una nullità e il secondo arriverà ad avere talmente fiducia in se stesso dal riuscire a raggiungere tutti gli obiettivi che si fisserà.
Quindi il problema dove sta? All'esterno o all'interno di noi?
Vogliamo tutti essere indipendenti, ma quanti di noi lo sono realmente?

È un libro che amerete se amate ragionare e mettervi in gioco costantemente; è in grado di aprire gli occhi, se glielo si consente.

Lo avete mai letto? Cosa ne pensate?

Stefania




"Ma se voi vi rifiutate di identificarvi con qualsiasi etichetta, la maggior
parte delle preoccupazioni si volatilizzeranno."

"<< Mi sento bene perché il mondo va bene >>. Sbagliato! Il mondo va bene
perché io mi sento bene."

" L'egoismo risiede nel pretendere che qualcun altro viva la propria vita per
adattarsi ai vostri gusti, o al vostro orgoglio, o al vostro guadagno, o al vostro
piacere. Questo si che è veramente egoista."

"Le esperienze piacevoli rendono splendida la vita. Le esperienze dolorose
portano alla crescita. Le esperienze piacevoli rendono splendida la vita ma, in se stesse,
non fanno crescere. Quelle che portano alla crescita sono le esperienze dolorose.
La sofferenza mette il dito su una parte di voi che non è ancora cresciuta,
che deve crescere, trasformarsi, mutare. Se sapeste come usare quella sofferenza,
quanto potreste crescere!"

"La libertà non si trova nelle circostanze esterne: la libertà alberga nel cuore."

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